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      L'Alemanno mise i suoi occhi verdastri, tra ciglio e ciglio al padre Anacleto; e gli parve di non aver visto mai viso impresso di più sincerità. Non aggiunse parola, si lasciò pigliare a braccetto, e condurre alla palazzina; discosta quanto un uomo destro lancierebbe, in due tratti, una pietra.
      Là, il signor Fedele, tornato un momento prima da C... aveva cacciato il capo dentro la camera dell'Alemanno, ma vistola vuota, rimasto col piede sulla soglia, e col dito sul sali-scendi, chiedeva stupito alla cognata, che non s'era mossa dalla sala:
      «E il signor barone?
      «Il signor barone - rispose asciuttamente la cieca: - potete cercarlo fuori; in casa non c'è, e così non vi fosse stato mai!
      «Oh lo spensierato che io fui! - sclamò il signor Fedele dandosi una palmata nella fronte: - spensierato che io fui a lasciarvi sole, a non tornare addietro, quando incontrai quel guasta capi di don Marco, che veniva da questa parte! Che c'è venuto a fare qui? Chi l'ha chiamato? dov'è? Ditelo, prima che vi ponga le mani addosso!
      «Don Marco! - levossi a dire la cieca maestosa, mentre Margherita le si rannicchiava dietro, paurosa del padre imbestialito: - don Marco? Fosse venuto! ma egli non si cura di voi, nè di noi.., nè delle case come la vostra...!
      «Zitta! - disse il signor Fedele tra denti: - udite? il barone arriva..., guai a chi osa fiatare». - E spingendo la cieca e Margherita verso la loro camera minaccioso, le chiuse; poi si fece sulla scala a vedere l'Alemanno che saliva aiutato dal frate.
      Il barone era pallido, e pareva tornato ai giorni in cui la febbre della ferita l'aveva più travagliato.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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