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      Al guado più agevole, sedette sul primo sasso che trovò, si scalzò lentamente; e dando uno sguardo alle sue gambe insecchite, quasi per confortarle a porsi nell'acque; sorrise, e pensò che tra non guari le avrebbe poste a riposare nelle buche dei morti. Entrato nell'acqua, i ciottoli del fondo gli scivolavano sotto le piante; ma sebbene ad ogni passo gli paresse di cadere, la freschezza dell'onda gli temperava il disagio, e guadagnò l'altra sponda. Là si rimise in gamba le grosse calze di lana, che non erano più nere, ma d'un colore come di panno strinato; poi contento del tepore che gli ravvivava le carni, prese un sentieruolo, il quale lungo l'argine d'una gora guidava al molino del borgo, donde in pochi passi, si saliva al piazzale della signora Maddalena.
      Tra l'andare e lo stare a ripigliar fiato, ora a quella, ora a quest'ombra, aveva fatte quasi le ventidue; ed egli sapeva come fosse l'ora, in cui la signora soleva uscire per le sue passeggiate solitarie. Guardò pei prati e pei campi vicini, ma non la vide; perchè s'erano mutate in quella casa di molte usanze, massime in quei due mesi, ch'essa non usciva quasi più. Amava la solitudine; un cerchio plumbeo le si era venuto formando intorno agli occhi; dal tanto patire, le carni le si erano fatte scure; talvolta, si lagnava colla fantesca, d'avere le labbra arse, e nel cuore un caldo come d'acqua bollente; tal'altra rabbrividiva, e poi parlava di mostri che le era parso di vedere. Marta s'ingegnava di farle animo, diceva che di quelle scosse di nervi n'aveva provato anch'essa; e parecchie volte pigliava la via della montagna, e tornava carica d'erbe che conosceva per buone a quei mali; ma l'indomani le buttava via senza averle adoperate.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Maddalena Marta