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      Ma la signora Maddalena, pur avendolo risaputo non ci badava, e tirava innanzi da brava maestra.
      Quel giorno, all'ora in cui don Marco si avvicinava, essa aveva seco, delle alunne, la sola Tecla... Questa, chi non l'avesse più riveduta, dal dì della partenza di Giuliano, a prima giunta non la ravvisava. Faceva allora i suoi sedici anni; e prima, niuno s'era accorto che fosse bella; perchè la sua faccia aveva patito il sole; e forse la gran sanità, che fa parere le campagnuole sin troppo virili, teneva nascosti i pregi delle sue forme. Ma da quando Giuliano le aveva dette, sul prato, le afflitte parole che rammentiamo; i contorni del viso e la persona le si erano risolti in molta bellezza: e a misura che immagriva, si avrebbe potuto somigliarla ad una statua, sbozzata alla grossa nella furia del creare, e poi condotta a fine con lungo affetto. Di certo le era entrato qualche dolore, che assiduo ma pacato aveva fatto migliore l'opera della natura; e parlava in essa dagli occhi neri e languenti, maestro d'un'anima nata con ali da volar alta, e tenuta in cambio, tutta l'adolescenza, nascosta e costretta come gemma in seno alla roccia.
      La signora Maddalena, cui quel mutarsi della fanciulla, dava gran piacimento; stava, come ho detto, con essa in sala: e avendo terminata la sua lezione di lettura, diceva amorosa:
      «Non ti puoi immaginare la dolcezza che provo! Prima che l'anno finisca, voglio che tu sappia leggere a modo, e scrivere. Così, se un giorno ti sposerai a qualche buon giovane, ti vorrà più bene.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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