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      «Le sarò grato - diceva don Marco - le sarò grato d'essersi persuaso; d'avere smessa l'idea d'esorcizzare quella povera giovane, perchè sarebbe morta di vergogna.... Ma ora ho un'altra cosa, per cui sarei venuto domani mattina a pregarla: e giacchè siamo qui..., mi dica.... a quella lettera d'oggi risponderà....?
      «E come no? - sussurrava il pievano.
      «Risponderei anch'io; ma mi dimenticherei di qualunque corruccio. Pensi, signor pievano, che là in quell'angolo della sua pieve, vive una povera madre, che non sa più a qual santo volgersi per un po' di pace. Io credo che la troverà nella tomba, perchè non durerà più a lungo. Ma un giorno quando gliela porteranno morta, a farla benedire, sotto le vôlte della sua chiesa: e il popolo che le vuol bene, la piangerà come una madre perduta; qual consolazione per lei, poter dire: io le ho fatto un beneficio, e questa donna lo deve a me se non è morta da tempo....?
      «La signora..... povera donna, è degna di rispetto.... - rispondeva don Apollinare: - ma lui, quel suo figliuolo, quell'insolente che farebbe ingiuria al paradiso...! Qui il pievano s'accendeva, ma don Marco sempre con dolcezza:
      «Senza macchia non v'è manco il sole! Eppoi, sia pure Giuliano quel che le pare, ma sta bene a un prete giocar di vendette? Sta bene a noi essere i primi, a portar la lanterna al bargello? E se domani, se fra venti giorni la guerra ci portasse in casa i Francesi; e qualcuno si pigliasse la briga di dir loro che ella ha perseguitato un giovane, che la pensava un po' alla loro maniera?


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Marco Apollinare Marco Giuliano Francesi