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      Vedeva sugli spalti erbosi molti soldati, e sui vasti piazzali un addensarsi di schiere, un andare e venire di messaggeri; con quell'aspetto strano che avrebbe un villaggio dove non fossero nè femmine, nè fanciulli; e gli abitanti vestissero tutti ad una foggia, e non sapessero camminare se non armati, allineati in molti, stecchiti ed arcigni. Turbe di popolo traevano dalla città, e si fermavano a piè delle mura ferrigne; dal ciglio delle quali sporgevano molti cannoni a guisa d'animali che posassero, e luccicando al sole, parevano mandare biechi ammiccamenti. A un tratto comparvero, dentro quelle mura due uomini, accompagnati da un drappello di fanti sino a mezzo lo spazzo; e là sederono su due scranne, ciascuno con una persona nera allato, prete o frate. Giuliano, sentì, come se fosse stato al posto d'un di quei due, il peso degli sguardi di tutte quelle schiere; capì che erano condannati a morte, e sentì un rapimento dell'anima in alto; a guisa di aquila, che turbata od offesa, va a nascondersi tra le nubi. La scena, rimasta silenziosa un poco, fu mutata da un suon di tamburo; la folla fuori la fortezza ondeggiò commossa da quel suono; i soldati fecero un gran moto di braccia e d'armi; le sentinelle uscite dai casotti degli spalti si atteggiarono a rispetto: qualche cavaliere corse su e giù, dall'uno all'altro dei gruppi pomposi di pennacchi fluttuanti; poi il silenzio tornò lugubre. Allora un ufficiale s'appressò ai due condannati; si vide all'atto che strappava ad essi le assise, mentre un altro a cavallo pareva leggere un foglio, forse una sentenza: quindi s'allontanarono e rimasero i preti, i quali bendarono gli occhi agli infelici, poi se ne staccarono anch'essi; e allora s'udì un fragore di molti tamburi e uno squillar di trombe, un nembo di fumo avvolse per un istante quei due; e subito dissipato dal vento, li lasciò vedere a Giuliano distesi a terra.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Giuliano Giuliano