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      ..... Si levò dalla finestra collo scompiglio nell'animo; e quasi senza avvedersene, sbattè le imposte e gli scurini in faccia alla luce, che non gli entrasse in camera; adesso che aveva rischiarato l'orribile scena. Poi si buttò sul letto bocconi, e colla faccia contro il guanciale, stette tribolandosi in abissi di fantasmi, di luci stranissime, di deformità chimeriche. Indi a poco, irrequieto come per bevanda che lo turbasse, si levò da giacere, riaperse la finestra, provò un altro desiderio; uscire, andare a una lunga passeggiata, fuori la città: andare, andare dove che fosse, anco lontano fin dove il vento arrivava a soffiare.
      Uscì col fare d'un uomo che preso il broncio in famiglia, vada a gironzare per isvagarsi; e discendendo trovò per le scale un tale, che aveva rondinato sulla via, mentre egli era alla finestra a guardare la scena descritta quassù. Costui soffermatosi a fargli largo, si scoperse il capo rispettosamente, e domandollo del suo nome.
      «Giuliano.... da D....» rispose il giovane che non badava ad andare sconosciuto; e si fermò anch'egli a figurare quell'uomo, il quale inchinatosi un'altra volta gli disse:
      «S'è tanto mutata, da quando non l'ho più riveduta, che penava a ravvisarla. Come vede dalla mia livrea, io servo la eccellentissima marchesa di G...., la quale mi manda a cercare di lei da parecchi giorni, e questa sera la vuole nel suo palazzo.
      «Ditele in mio nome, che non dimenticherò di venire.»
      Il servitore fece la sua terza riverenza e s'accommiatò. Giuliano gli tenne dietro, strologando sull'avventura, e su quello che la marchesa di G.... poteva volere da lui; non tornato più a rivederla dalla prima volta ch'era venuto a Torino, due anni innanzi: e come fu sulla via, si lasciò portare dalle gambe, senza por mente verso dove.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Torino Giuliano