Pagina (267/480)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Il giovane diede un'occhiata fra quei commensali, se ve ne fosse qualcuno del suo borgo, o delle terre vicine, per chiedergli di sua madre; ma non v'era faccia che gli tornasse nota. Stette gomitoni aspettando il suo pasto, e pensava che se egli fosse stato in quel luogo a mal fare, di cento volte novanta vi sarebbe stato un testimonio delle sue parti; quando l'oste venne oltre, portando alto un pollo lesso di tal fragranza, che avrebbe fatto gola ad uno, tornato allora allora da un pranzo di nozze. Lo mise innanzi a Giuliano, vicino ad una caraffa di vino paesano, e versatogli di questo, additandogli il bicchiere gli disse:
      «Questo le parrà sulla lingua il taglio di un rasoio. Se non fossi importuno, vorrei chiederle una cosa. Ella è quel signore, smontato al mio albergo questa pasqua, o giù di lì, con un suo servitore?
      «Appunto.
      «Ah! lo diceva pure io, che le fisionomie dei signori i quali mi fanno onore, non le dimentico! Anzi, ricordo che il suo servitore mi disse, che lei andava a Torino per farsi medico....
      «Avete buona memoria: - disse Giuliano mangiucchiando; e l'oste inchinatolo rispettoso, fece le viste di correre a un tintinnio di bicchieri, che veniva dall'altra mensa.
      Ma in cambio andò a parlare con un tale, vestito a modo; che subito venuto a Giuliano lo salutò con certa dimestichezza, e facendo un segno come per farsi conoscere. Il giovane si levò da sedere, rispose cortese a quel saluto, e a quel segno; al quale ne seguirono due o tre altri barattati rapidamente; poi si strinsero la mano, si riconobbero per essersi visti altra volta, sedettero e cominciarono a parlare basso tra loro.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Giuliano Torino Giuliano Giuliano