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      Erano già molto innanzi coi loro discorsi, ma niuno ne avrebbe potuto raccogliere parola, tanto badavano a non farsi udire: quando colui, che ai portamenti sarebbe paruto a chicchessia un vecchio amico di Giuliano, si mostrò stupito, e guardandolo negli occhi, gli disse:
      «Come? Eppure da ieri in qua non si parla d'altro fra noi...! La retata di scolari e dei nostri fu fatta, o la polizia di Torino, sta per farla. - Via, pensate che io voglia rimproverarvi d'esservi posto in salvo?
      «Ma io - sclamò Giuliano balzando in piedi, avvampando nel viso, a guisa d'uomo oltraggiato, per modo che tutti i mulattieri che mangiavano là dentro si volsero a guardarlo: - io non so nulla! Io partii ieri sera, e vado a D.... a vedere mia madre morente. Leggete.»
      Così dicendo frugava per le tasche del giubboncello e cavato il biglietto della marchesa di G.... lo dava a leggere a quello strano amico,
      «Saranno state false nuove! - disse costui, letto d'un'occhiata il foglio, e stretta la mano al giovane nel ridarglielo: - andate diritto al vostro destino; finchè uno ha la mamma non sospiri, dice il proverbio... Ma... via..., poichè non sapete nulla, nulla deve essere seguito; non vi lasciate cogliere dalla malinconia, e bevete alla salute di vostra madre.»
      E gli mescè che bevesse, come fosse stato un suo ospite.
      Giuliano posto da quella novità, in gran pensiero, non bevve nè parlò. La sua persona sedeva a quel desco, ma l'anima sua, lo si vedeva chiaro dalla pupilla che pareva spenta, era altrove. Forse a Torino, forse a D...; forse pensava a tornare addietro, chiarirsi se davvero tanti giovani fossero stati carcerati come colui diceva; e poi rifar la via una terza volta, per correre al suo borgo nativo.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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