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      Oh! se essa avesse potuto vedere il cuore di lui; se avesse potuto leggergli traverso la fronte i pensieri! Eppure meglio averlo lì sotto gli occhi, tribolato quanto si fosse, meglio lì che a Torino, nel carcere, da cui la Marchesa di G.... l'aveva forse campato.... Oh! la gentildonna pietosa, che sì che l'aveva trovato il modo di farlo partire!.... E la ringraziava dal fondo del cuore, e le pareva che oramai si sentiva forte da poterlo difendere contro ogni nemico; i birri, gli Alemanni, il pievano, chiunque volesse fargli male, gli avrebbe visti in viso! Rimasta un altro poco a guardarlo, baciò il guanciale su cui posava il capo, non osando baciar lui in viso; poi si tolse non sazia da quella vista.
      Tornata in sala, trovò la fantesca gomitoni sul tavolino; e allora soltanto, vedendola sola, si rammentò di Tecla.
      «O Tecla? - chiese essa, rimescolata per l'assenza della giovinetta.
      «Tecla? - rispose Marta con certa voce che pareva chiedesse anch'essa - Tecla, questa volta ne sono certa, e non è più tempo che io taccia. Mi scaccerà se vorrà, tanto in questa casa non ci sono quasi più per nulla, ma voglio dire la verità. Ascolti, quando vedeva lei usare tanti bei garbi a Tecla, e avezzarla a leggere a scrivere, a parlar bene; ecco, diceva tra me, una signora che si apparecchia da sè il miele amaro! Ma dalla tema di farle male, mi teneva in gola tutto....
      «Ma, o Marta, - sclamò la signora, battendo forte col piede il pavimento: - e che strazio è questo che volete fare di me?
      «Tecla la strazierà; non io.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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