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      Essa aveva fatto come colui, che vedendo pieno di crepe il muro della propria casa, s'industria di tenerlo ritto con puntelli d'ogni sorta; e tira innanzi dall'oggi al domani, finchè vi rimane sotto schiacciato. Messa in disparte l'idea d'andarne di casa al cognato; quetatasi nella promessa che l'Alemanno non avrebbe menata Bianca lontana; s'era acconciata a vivere là dentro, dove tutto pareva farsi a suo dispetto. Il signor Fedele, poneva ogni cura, a non darle appicco di tornare a mezzo con quell'idea; badava bene a non capitarle tra' piedi; e le lasciava volentieri il sollazzo della compagnia di Margherita, in cui la poveretta aveva posto la vita. Così a poco a poco, tra lo starsi e l'essere tenute in disparte, in quella faccenda del matrimonio; esse erano divenute a Bianca quasi straniere. Questa poi, dal dì che s'era chiarita ben disposta verso l'Alemanno, non aveva riparlato dieci volte con esse. Occupata di sè, delle cose nuove che si vedeva intorno, e delle tante che sapeva immaginare con quella sua fantasia, riscaldatale dal padre e dal fidanzato in mille guise, si reputava felice; e vedendo esse accorate faceva spallucce, e diceva tra sè che nelle loro malinconie, non aveva a vedere nulla. Le cansava con accortezza, e quando non era col fidanzato, col babbo amorevolissimo, o col padre Anacleto che veniva nel borgo a visitarla; se ne stava nella propria camera soletta; non come la primavera addietro afflitta, taciturna, stanca di tutto; ma intenta ad aprire e a rinchiudere, cento volte, i cassettoni del suo canterano.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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