Pagina (308/480)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      I padri venivano appunto allora fuori dal refettorio, e v'era pericolo che udendo quell'urlare nascesse qualche gran chiasso.
      La campana del convento suonava in quella l'avemaria a distesa; annunciando la festività dell'indomani. Quella della parrocchia di C...., entrava anch'essa a mandare il suo saluto alla notte: e a quei suoni s'aggiunsero subito quelli delle campane dei borghi, poco lontani dal convento. Fra l'altre si discerneva assai bene quella di D... a certo squillo, che imprimeva nell'aria una malinconia da far pensare all'eternità. Quella sera gli squilli parevano lamentosi più dell'usato, al padre Anacleto; il quale, se fosse stato uomo d'altro cuore, lasciati i fiaschi dov'erano, e accommiatati gli amici; avrebbe piegate le ginocchia e giunte le mani, chiedendo perdono al cielo, d'essersi immischiato in un matrimonio, che ad un giovane allevato al suono di quella campana, aveva tolta la gioia forse per sempre.
      CAPITOLO XV.
      Difatti a D..., in casa alla signora Maddalena, la giornata era corsa mesta, come quello squillo di campana che la chiudeva; udito così da lungi.
      Giuliano, avendo le membra tronche dal gran cavalcare, non s'era potuto togliere il sonno di dosso, sino a mezzodì; e poi destatosi, aveva covato il letto a guisa di persona che medita e si riposa. Fatti e rifatti i conti, aveva veduto più chiaramente i casi suoi, dolorosi per ogni verso. Oramai non vi cadeva più dubbio: la marchesa di G... l'aveva ingannato, pietosamente ingannato, ma per farlo fuggire da Torino.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Anacleto Maddalena Torino