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      E forse a quell'ora, i suoi amici erano tutti in carcere, d'onde non sarebbero usciti che per essere appiccati alle forche; e chi sa? qualcuno morendo in quella guisa, avrebbe lanciato a lui lontano, l'accusa di codardo e di traditore. Che gli rimaneva a fare? Deluso dalla donna amata, non provò senso d'odio o desiderio di vendetta; ma una sete di sventure, una voluttà di patimenti grandi, lunghi, gli allagò il cuore; e colla fantasia vedendo sè stesso sui gradini del patibolo, gli parve d'intuonare un inno, un inno che avrebbe fatto piangere un mondo. Si levò col proposito di ripartire per Torino prima di notte; e impresso di calma severa nel viso, negli atti, in tutto il portamento, discese in sala.
      Sua madre, vedendolo venire, s'affrettò a far viso allegro; e Marta uscita di cucina gli passò dinanzi colla tazza di latte, e colla focaccia, che odorava lungi a venti passi, cotta per lui.
      «Sì - disse Giuliano - un sorso di latte, e il petto del montanaro è ristorato!»
      E andatosi a sedere a mensa mangiò, quasi non si avvedendo di sua madre, la quale gli spezzava il pane, e gliene poneva nella tazza timidamente; paurosa di rompere quella quiete dell'animo, che gli vedeva nell'aspetto sereno.
      Quand'ebbe finito egli si levò in piedi; e tesa la mano a lei rispettosa, le disse che andava a dar due passi pei campi.
      «Ben pensato; - sclamò la signora, credendo che a un tratto egli si fosse messo il passato dietro le spalle, disposto a non più pensarvi: - mi vuoi? vengo anch'io...»
      «Il caldo è troppo: - rispose Giuliano - ed io sento una smania di camminare, una smania di correre tutte le montagne che abbiamo intorno!


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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