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      Adesso udire quelle parole dalle labbra di sua madre, e dire addio a Torino, ai compagni, ad ogni disegno fatto, fu un punto solo, e rispose:
      «Partirò.
      «E che il Signore ti benedica! - aggiunse essa, e strettosi al seno quel suo unico amore, lo baciò e ribaciò, come non aveva più fatto da quando era bambino. Poi salì con esso nella sua stanza, dove gli diede quant'oro aveva in serbo.
      Marta, che s'era tenuta in disparte, e aveva inteso il discorso di donna Placidia, e quello della signora; aveva fatto presto a correre da Rocco, ma non per dirgli che andasse a Santa G..., a ripigliar Tecla; bensì che venisse per accompagnare il signorino sul Genovesato.
      Il pover'uomo, tornato da menar i cavalli, credè questa volta d'esser pigliato di mira per canzonatura, e già perdeva la pazienza; senonchè l'aspetto di Marta lo accertò che si faceva sul serio. Pensando che s'usciva dal territorio, e che il domani era festa, salì di sopra, si mise indosso i migliori suoi panni e in capo una sorta di cappellaccio, che si poteva assomigliare a una filucca capovolta, e sarebbe tuttavia paragone gentile. Così conciato, prese congedo dalla moglie, e fu in casa alla padrona, dove sedette vicino all'uscio della sala; aspettando che essa e il signorino discendessero dalle stanze, dove Marta gli aveva seguiti.
      «Oh la bella musica! - diceva egli tra sè - si direbbe che in questa casa non si può vivere colla pace di Dio! Proprio, chi ha pane, si cava da sè i denti per non mangiarlo...!»
      E volgeva gli occhi in sù, come parlasse allo scarpiccìo che s'udiva nelle stanze sopra il suo capo.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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