Pagina (321/480)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Rasentando la selva, si trovarono, di là a mezz'ora, ad essere discesi dove incominciano i prati, a piè delle piaggie più basse. E l'edificio del convento biancheggiò, alla loro destra, informe nell'ombra, come una nebbia che si levasse da una fondura paurosa; e i pilastrini dei pergolati, somigliavano ad una processione di morti, che usciti di quella nebbia andassero in volta per penitenza.
      Giuliano si fermò a guardare. E se in cambio di Rocco avesse avuto seco un uomo da poter discorrergli assieme; avrebbe parlato delle alte cose, che gli venivano in mente in quella quiete. Pensava con affetto, con doloroso affetto, a Francesco d'Assisi; il quale dalla sua Umbria, era venuto mendicando a trovare quel lembo di terra, a farvi sorgere quelle mura; coll'opera volonterosa degli oppressi, colla promessa del regno dei poveri e di Dio. Pensava a quella promessa mancata, ai secoli venuti dopo il Santo, ai frati vissuti in quel convento, che subito furono più amici dei castellani oppressori, che dei popoli languenti all'ombre di quei castelli; e vedeva l'immagine di Francesco andare afflitta, tra gli spiriti di coloro, che amarono gli uomini e furono grandemente delusi. Quell'edificio che aveva dinanzi, al cui nascimento avevano presieduto chi sa che alti pensieri; gli pareva d'età in età venuto basso, quasi tempio che si muti in ricovero di sfaccendati.
      Rocco in piedi, dietro di lui, non osava disturbarlo, ma già gli pareva, che un tratto qua un tratto là, si sarebbero indugiati tanto da non poter passare, di notte, il confine: e cominciando a far segno di spazientarsi, stava per dire aperto di voler tirare innanzi.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Rocco Francesco Assisi Umbria Dio Santo Francesco