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      ... sono cieco!»
      E rovesciando panca e scranne, e dalla rapina non accorgendosi dello sbellicarsi che i quattro facevano; si trascinò fino all'uscio, tempestando colpi colle mani e coi piedi, da parere un dannato.
      Pei corritoi si sentirono i passi frettolosi dei padri che accorrevano; e un aprirsi di celle, e un interrogarsi da un capo all'altro che fosse; tutta la frateria fu in un baleno sossopra. Ai quattro giovani, cominciarono a tremare le gambe, per lo sbarraglio cui s'erano posti; ma fattisi animo, aprirono la finestra della cella, un dopo l'altro saltarono nell'orto, e all'ultimo mise l'ali un grido selvaggio, del padre Anacleto. Perchè un raggio di lume dal corritoio, si era posato per la toppa sul ventre del frate; il quale capita a un tratto la brutta canzonatura, si volse imbestialito per acciuffare il primo dei ribaldi che gli fosse caduto tra l'ugne. Ma i birboni non v'erano più.... Ahimè! E la frateria affollava l'uscio; la voce del guardiano, chiedeva al padre Anacleto che aprisse; i guatteri, il cellaio, i cuochi, andavano di su, di giù, bracaloni pel chiostro; e si fu appena a tempo di fermare il sagrestano che già entrava in chiesa, per dare nella campana gridando: ai ladri!
      Intanto che il padre Anacleto, aperto l'uscio, s'ingegnava a dare ai frati chi sa qual ragione del caso suo; i quattro amici camminavano verso C..., narrandolo a Giuliano per filo e per segno. E Rocco ascoltando, annuvolava fieramente, e provava nelle braccia tale un prurito, che se non fosse stata la tema d'offendere il signorino, agguantati volta a volta due dei quattro nequitosi, gli avrebbe sbattuti l'uno contro l'altro, come ciabatte vecchie e polverose.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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