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      Ma to! questa mia sorella come me l'ha appioppata! Bella coppia essa e don Marco! Proprio il dettato è giusto; «chi fa quel che noi preti si dice..., va in paradiso diritto, come colomba al nido, e come io in questo mio letto...»
      Si coricò disteso; e contento come quella sera, non aveva più giaciuto da parecchio tempo.
      CAPITOLO XVI.
      Quello in cui a C... si ballava, era stato palazzo dei feudatari; e abitato ai dì nostri da una famiglia per bene, sorge a piè della roccia, dalla cui vetta il castello in rovina pare lo guardi imbroncito; quasi chiedendo se sia cosa giusta, ch'egli debba stare lassù a disfarsi alla pioggia e al gelo, mentre il palazzo sta ritto qual era nell'età fiera, in cui di ribalderie fatte dai loro padroni ne videro entrambi d'ogni colore. Sullo scorcio del secolo passato, vi alloggiavano le genti del Re di Sardegna, messe a guardia del confine tra il regno e la repubblica di Genova; e però il borgo fioriva pel molto spendere degli uffiziali di quelle milizie, dei quali alcuni lasciarono le ossa e il nome alle sepolture della chiesa parocchiale; altri le sembianze sull'insegna del caffè di Marocco, rimasta salda sugli arpioni molti anni dopo che il povero caffettiere era morto, ed ora buttata ai tarli in non so quale solaio.
      Per accedere alle scale ampie ed agiate, che di certo furono fatte per non affannare il petto alle baronesse; bisognava attraversare una sorta d'atrio, che di costa aveva un cortile lungo quanta era la facciata dell'edifizio. Da quel cortile parecchie viti, accompagnate nei loro serpeggiamenti da mano amica, s'erano arrampicate così alte, che tra balcone e balcone, formando bellissimi tralciati, toccavano colle vette le gronde del palazzo, a recarvi chi sa se noia o diletto alle rondini, che vi appiccavano i nidi.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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