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      I primi (armati di lunghi schioppi, che alle canne e ai fregi apparivano di fattura spagnuola, raccattati forse sui campi di battaglia di quelle parti, meglio che mezzo secolo prima); erano stati di quello stormo levatosi in armi il maggio di quell'anno. E avendo pigliato diletto di vivere randagi, si soffriva dal magistrato che andassero armati; perchč bisognando, facevano ufficio di guide agli Alemanni, e campavano di questa professione e di picciole rapine. I soldati poi erano gente dei vecchi reggimenti Sardi, pronti di maniere e soverchiatori, ma rispettabili par ferite delle quali portavano i segni ancor freschi, e stavano a guarirsi nel borgo. Essi avevano combattuto contro i Francesi pił d'una volta, sull'Alpi marittime; adesso colle gomita sulla mensa bevevano alla salute dei vivi e alla memoria dei morti; giurando clamorosamente sugli scapolari che avevano di sotto i panni, molli di sudore e anneriti. E colle dita intrise di vino, descrivevano sulla tovaglia i campi e le ordinanze in cui avevano combattuto. A udirli, questo era il colle di Raus, quest'altro quello di Milleforche; qui il capitano Zin co' suoi cannoni, aveva mandati i sanculotti ruzzoloni gił pei dirupi come sacca di carbone; lą era caduto il capitano Maulandi, venerato da quei valorosi che l'avevano veduto morire, e ne cantavano i versi scritti da lui sulle montagne ove cadde, poeta e soldato. S'accendevano in viso parlando di lui, come si sarą acceso il Botta scrivendone le lodi in una mesta pagina della sua storia: rammentavano le rive del Tanarello e della Saccarda, di Colle Ardente e di Saorgio, i vili e i traditori: e qui uno di que' soldati trovandosi ritto nella foga del dire, data una vigorosa palmata sulla mensa, e guardando a cera prepotente quanti erano nella baracca; giurava che il Re era tradito, e che se i Francesi trovavano la via men aspra dell'anno prima, sebbene le valli fossero zeppe d'Alemanni; accadeva perchč da Torino insino all'ultimo villaggio del regno, v'era in ogni casa un traditore.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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