Pagina (368/480)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      » Subito egli sentiva dar giù l'animo, e sclamava: «ahimè! fummo pur allevati dappoco; ed ecco perchè un prete come don Apollinare, ha potuto mettermi in fuga, soltanto coll'aggrottare le ciglia!» Non aveva mai osato dire cose di questa sorta, che potevano anche toccare la madre sua; e forse si sarebbe pentito di averle dette, ma non ebbe il tempo da farlo, perchè appunto allora arrivava in mezzo ai Francesi. Chiesto degli uffiziali che l'avevano trattenuto l'altre volte, fu menato a trovarli: e le belle accoglienze furono molte, ma le maraviglie perchè egli non s'era fatto vivo da tanto tempo, furono anche più. Egli si scusò come potè meglio; e quegli uffiziali, che come i soldati usano verso chi va loro a genio, gli si erano legati di sentimento, lo vollero a mensa con loro, sebbene ei si schermisse. Nei parlari amichevoli di quella brigata, venne a conoscere la verità sul fatto dei giovani messi a morte in Torino; e le gazzette che capitavano di Francia a quei campi, n'erano piene. Giuliano lesse i nomi degli sventurati, e alcuni erano di amici, altri d'uomini noti per odio ai governi d'allora, per amore alle cose nuove. Il suo cuore pianse; arrossì d'essere scampato alla loro sorte; ripensò con rammarico al beneficio che la marchesa di G... aveva voluto fargli, traendolo con pietoso inganno a partir da Torino; e più di tutto si sentì umiliato all'idea che forse quei generosi morti, avevano dubitato di lui, della sua fede, o del suo coraggio, nel momento in cui la corda del carnefice gli aveva strozzati.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Apollinare Francesi Torino Francia Torino Giuliano