Pagina (387/480)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      ..
      «Non temete, Mattia; mio figlio non saprà che voi m'avete detto più ch'egli non volesse. Marta, cercate nel cantarano... datemi quell'involtino che sapete...»
      E Marta avendo obbedito, la signora cavò una moneta d'oro e porgendola a Mattia gli disse:
      «Non per pagarvi, ma perchè vi ricordiate di me...
      «Grazie - rispose Mattia pigliando la moneta: - e se posso servirla mi comandi...
      «Eh!... forse presto - rispose la signora sorridendo mestamente; e tolti gli occhi da lui che usciva accompagnato da Tecla, nascose il viso nelle mani e disse a Marta: «io non so che stanchezza mi venga indosso: fate un po' più scuro, mi par di morire...»
      Marta corse alla finestra, guardò nel cielo splendido laggiù all'occidente che pareva tutto una gloria; e tentennando leggermente il capo, alzò il pensiero dolendosi a Dio con un confuso timore. Poi accostati gli scurini, tornò a sedere; e rimase zitta accanto alla padrona, pensando a quest'altro mal passo di Giuliano.
      Tecla intanto, accompagnato Mattia fino all'atrio, gli poneva anch'essa in mano alcune monete, avute già in dono dalla signora; e fissandolo con occhio che sarebbe stato impossibile mentirle, chiese al vecchione:
      «Dunque è proprio vero che egli verrà?
      «Verissimo. Ma poveretto, a vederlo come è accorato c'è da compatirlo. Oh! ora che mi ricordo, mi ha detto di raccomandarvi tanto a sua madre...
      «Addio, Mattia,» - disse la giovinetta arrossendo; e piantandolo confusa e piena di fantasie, tornò su dalla padrona. In punta di piedi s'accostò a Marta; questa le accennò di sedere e di tacere, ed entrambe stettero mute, che si sarebbe inteso un moscerino a volare.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Mattia Marta Mattia Mattia Tecla Marta Dio Giuliano Mattia Mattia Marta Marta