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      E vedendo che il campanaro stentava a farsi far largo, urlò: «Via di costì i monelli, via! e voi Mattia chiudete l'uscio!»
      La voce del pievano fu come lo scoppio d'un'archibugiata, vicino ad un passeraio. Tutta la baraonda spulezzò ammutolita; e Mattia potè salire la scala accolto da don Apollinare, benedetto da donna Placidia, e guardato da capo a piedi dall'Alemanno, cui non tornava nuovo quel viso sgherro.
      «Signor pievano, - sclamò Mattia come fu in cima, facendo segno di volerlo abbracciare: - io non mi credeva mai più rivederlo...!
      «Nè io voi, - rispose il pievano tenendolo discosto colla mano, tanto che in faccia all'Alemanno, non avesse a vedersi usata quella confidenza.
      «Nè noi voi - ripeteva donna Placidia facendo eco al fratello; e soggiungeva di suo: - che Dio vi benedica, quante volte vi sognai morto nella spedizione del maggio passato!»
      Don Apollinare avrebbe voluto far tornare in gola alla sorella queste parole; perchè potevano dare appicco a Mattia per qualche discorso da rimanerne svergognato; ma in quel mezzo l'Alemanno, riconosciuto il campanaro per quello sciagurato tratto come spione dinanzi al suo generale, la notte prima del fatto d'arme in cui egli aveva toccata la sua ferita, gli chiese parlando aspro:
      «Voi, da quella volta che foste preso per spia, dove siete stato?»
      A quella voce, a quelle parole che gli fecero tremare le vene, Mattia credette d'essere tornato in mano dei crudeli che l'avevano maltrattato, e l'avrebbero moschettato quattro mesi prima, se non sopravvenivano i Francesi, a salvarlo per caso.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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