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      Egli sedè, vinto dai modi di lei, che gli tornava in quel momento cara, quanto gli era parsa uggiosa e molesta altra volta; e parlando più basso che potè, le disse:
      «Io comincio col chiederle perdono d'averle tolta la sua nipote, e so quanta consolazione fosse per lei l'averla vicina. Mi accordi questo perdono, chè se no non oserei più parlare, svergognato d'una colpa, che forse è la più nera della mia vita....
      «Che dice mai? - interruppe la cieca - che dice mai, colpa! Ella ha cercato la felicità, e al mondo ve n'è così poca, che per averne noi dobbiamo toglierne agli altri. Mi spiacque che Bianca abbia sposato uno non dei nostri luoghi, sì...! ma poi..., più di lei ci ha colpa il Padre Anacleto.... che gli ha ingannati ambedue!
      «O zia, - sclamò sospirando l'Alemanno - proprio non le spiaceva che io sposassi Bianca per altro pensiero?
      «Pensiero...! - rispose la cieca, che alla maniera con cui veniva interrogata da lui, non avrebbe nè mentito nè taciuto per nulla al mondo: - V'era anche questo, che Bianca si voleva bene con un giovinetto quaggiù della nostra vallata; e mi pareva che sposando uno, quando il suo cuore era già d'un altro, potesse andare incontro a qualche mal passo....
      «Oh! no.... no.... - proruppe l'Alemanno - mal passo per cagion mia mai! Ma quel giovane era degno di lei?
      «Se degno!... Era del primo casato di D....
      «Proprio di D....?»
      Queste parole furono dette in guisa, che damigella Maria ne rimase tutta rimescolata; e presa la mano dello sposo di Bianca, parve che non potendo leggergli negli occhi, volesse sentire al tatto, indovinare al respiro, che cosa ei pensasse.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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