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      E venutosi a sedere colle gambe spenzolate dal muricciolo del sagrato, stava osservando certe nuvolette, che parevano proprio nascere sulle lontane cime dei monti verso il mare. Erano le stesse nuvolette, che avevano fatto fare ad Anselmo l'improvvisa fermata, che abbiamo veduto. Capiva l'Alemanno che quello era il fumo d'una battaglia, e guardando pensava: «ieri il sagrestano ha pur detto il vero; lassù i miei amici combattono, ed io sto qui inoperoso! Ma questi sono tutti luoghi fatti a posta perchè gli uomini(22) vi si ammazzino tra loro; e un palmo di terra per esservi sepolto, ve lo posso trovare anch'io da oggi a domani. Così resta finita ogni cosa». Assorto in questi pensieri, egli non aveva badato ai due strani cavalieri, che venivano su per la via torta del castello; e non li vide se non quando furono lì, per arrivare sulla spianata. All'agitarsi delle loro mani levatesi a salutarlo; alla vista del padre Anacleto, che gli sorrideva con aria paterna(23) il sangue gli andò da capo a piedi come un fuoco; dovè fare uno sforzo per rattenersi dal maltrattarlo; e toltosi dal muricciolo, aiutò lo suocero a smontare, ma al frate non disse nulla, nè lo guardò punto.
      «O che non mi conosce più? - sclamò questi stendendogli la mano. Allora l'Alemanno si fece più torvo, e rispose asciutto: No!
      «Come! - disse il signor Fedele, guardando il genero ma dal naso in giù soltanto, perchè fissarlo negli occhi non avrebbe potuto: - che non conosciamo più il padre Anacleto?
      «Che siamo già sulle baie così di buon'ora?


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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