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      Chi legge č messo da lui cosė nella mischia, che gli pare d'assalire i colli, guadagnare le vette, correre tutto un giorno il piano da un capo all'altro; a portare gli ordini dei capitani, a raccogliere i feriti, a chiudere gli occhi ai morti; ognuno secondo la propria natura. E chi parteggia pei Francesi, vede con dolore la vittoria inclinare da principio sulle due ali, a favore degli imperiali; e il passo in cui consiste l'importanza del fatto, assaltato e difeso con ammirabile costanza. Torna umiliato colle fanterie, che non hanno potuto superare quel passo, munito di due cannoni, tra il fumo dei quali una grossa squadra d'ulani guata ghignando: ma finalmente gli si snoda il cuore, applaude alla cavalleria Francese che si fa avanti, s'accende, spera; e si lancia con essa, contro la cavalleria Alemanna, a investirla, a fugarla, a farla finita.
      Fra i nostri personaggi, quella che meglio degli altri vide le cose descritte dal Botta, e il gran cozzo dei cavalieri, fu Bianca; la quale non aveva pensato a quella sorta di tornei, quando il padre Anacleto, dirizzandola al matrimonio, le empieva la mente di oblėo, di castelli e di fole. La povera donna, lasciata il giorno innanzi dal babbo e dallo sposo, nel modo che il lettore ricorda; era caduta in tale scoramento, che al vecchio servitore, e a donna Placidia corsa ad aiutarla, era parso di poter far Gesų con tre mani, essendo in capo a parecchie ore riusciti a tirarla un po' su, e a capacitarla, che colle querele non rimediava a nulla.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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