Pagina (456/480)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      - chiedeva don Marco tenendole dietro.
      «Oh! - rispondeva la vecchia - tanto male! Si fermi qui un momento....»
      Essa entrò, e aveva appena detto alla signora il nome di lui, ch'egli s'accostò al letto, dolce come venisse recando novelle dal paradiso.
      «Sono venuto a pregare con lei: - disse all'inferma, che gli parve qualcosa di santo, cui bisognasse rivolgersi per averne la benedizione.
      «Oh, don Marco - sospirava la povera donna: - ella e mio figlio, in questa notte! Che due consolazioni mi manda Iddio! Si avvicini, mi senta, io voglio confessarmi a lei.
      Don Marco sin dai primi tempi del suo sacerdozio aveva smesso di confessare; ma al letto dei moribondi, sapeva porgere ascolto ai racconti del peccatore che parte, coll'umiltà del peccatore che rimane: e trovava parole, che davano al morente la certezza dell'altra vita. Egli si inginocchiò, prese una mano della signora tra la sue, e appoggiandovi sopra la fronte, disse con dolcezza: «parliamo dell'infinita bontà di Dio
      Tecla e Marta s'allontanarono, e l'inferma cominciò a parlare del suo passato.
      Frattanto Giuliano, giungeva in castello. Aveva messo a salirvi assai più tempo che non bisognasse; essendo il ponte e la via ingombri dell'ultime schiere di Alemanni; i quali premendosi gli uni dopo gli altri, e volgendosi addietro come avessero i Francesi alle reni, si arrampicavano anch'essi su pel colle. A lui poco importava a quell'ora, l'aspetto confuso di quella moltitudine; e quando potè sboccare per un rotto del muricciuolo, sul sagrato della chiesa, gli parve d'aver toccato il cielo.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Marco Marco Iddio Marco Dio Marta Giuliano Alemanni Francesi