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      Don Marco s'avvide pel primo che essa era morta. Allora andò alla finestra, la spalancò e guardando il cielo, che già faceva l'aurora, disse: «o Maddalena, te beata, che ora almeno tu sali!»
      A quelle sue parole, venne su dal piazzale un singhiozzo. Egli si curvò per vedere che fosse, chiedendo: «chi piange costaggiù?»
      «Dunque anch'essa è morta?» rispose Bianca venuta dietro donna Placidia, e rimasta a piè dei gradini dell'atrio, tremante come si sentisse rea di quella morte.
      «Essa vive! - proruppe don Marco, non riconoscendo quella voce: - ecco la sua glorificazione! Udite?» Così dicendo, volse la faccia verso l'alcova, tenendo le braccia tese fuori della finestra, la testa alta, la persona ritta che pareva ringiovanito. Un suono di strumenti guerrieri, un concento di migliaia di voci che cantavano l'inno dei Marsigliesi, si levava in quel punto dai campi Francesi così alto, così di sentimento, che la valle n'era commossa, come da qualche cosa di sovrumano.
      Giuliano, caduto in tale stupore che pareva coll'anima nell'eternità; udendo i canti e i suoni Francesi avvicinarsi a invadere il borgo; provò uno spasimo grande, si levò ritto, baciò in fronte la madre, e uscì di casa a furia. Marta, che appena spirata la signora, presa da chi sa quale pensiero, era corsa mezzo soffocata dai singhiozzi, a nascondere gli schioppi del giovane in cucina; incontrandolo nella sala terrena così stravolto, ebbe nel suo dolore tanta forza di lodarsi della sua pensata. E provandosi a rattenerlo, corse dietro lui sin nell'atrio; ma là si fermò, per un'altra scena dolorosa, in cui a prima giunta non capì nulla.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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