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      «Che è stato? ahimè! Bianca, don Marco, come torni così? tuo marito dov'è?» - tempestò il signor Fedele, ingegnandosi di sciogliersi da Bianca.
      «Il barone è morto!» disse don Marco.
      «Morto!» proruppe il signor Fedele, e stese le mani come per afferrare qualcosa; diede il capo addietro, cogli occhi socchiusi; tremò: poi senz'altro che con un ruggito, cadde nelle braccia del padre Anacleto.
      Allora fu uno scompiglio compassionevole. Il frate e don Marco, aiutati da qualcuno del vicinato corso alle grida, portarono il signor Fedele nel proprio letto. La cieca, Margherita e donna Placidia, trascinarono Bianca, nella camera più appartata della casa. Credevano esse che il signor Fedele si fosse soltanto smarrito, per l'improvviso dolore di vedersi la figliuola tornata a casa, in quel modo pietoso: e s'affaccendavano intorno a questa che pareva instupidita. Ma egli giaceva sul suo letto, uscito del tutto di conoscimento; il suo volto si era fatto pavonazzo, i suoi occhi erano aperti, ma nuotavano nel buio; le sue mani si facevano diacce; e del rantolo durato alcuni istanti, non gli avanzava che un filo di fiato. Don Marco, e il padre Anacleto, stavano in capo a quel letto, uno per parte; e di tanto in tanto levando gli occhi dal signor Fedele si guardavano tra loro. Ma il primo a riabassarli era sempre il frate, nel quale cominciava a entrare una gran confusione. A un tratto don Marco non perchè avesse perso ogni speranza di vedere l'infermo riaversi; ma pensando a quello che l'aspettava a D...., accennato al frate di seguirlo, si trasse con esso in disparte, sulla soglia della camera.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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