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      «Io vi ho fatto venir qui, - disse Giuliano al Francese, che a quelle parole parve riscotersi da un sogno, essendo venuto su pel colle, pensando alle cose del giorno innanzi: - io vi ho fatto venir qui, perchè mi siate testimonio, che io dinanzi a Dio e a questo mio maestro, offro la mia vita a questa fanciulla, se essa si contenta d'essere donna del figlio di quella santa, che l'ha tanto amata....
      «Tecla, vuoi essere sposa di Giuliano? - chiese don Marco, brillando nelle pupille d'una gioia divina, alla giovinetta rimasta lì quasi trasfigurata. Essa chinò gli occhi e all'atto della persona e al rossore di cui si tinse, parve rispondere: «ecco, o Giuliano, la vostra ancella.»
      Don Marco prese le mani dei due giovani, se le strinse al cuore e disse: «Figliuoli, Gesù è morto da diciotto secoli promettendo vicino il regno de' poveri. Se il regno de' poveri è cosa di questo mondo; tu, o Giuliano, che hai capita la parola di Gesù, e tu Tecla che hai visto adempiersi in te la sua promessa; ricordatevi che al mondo vi sono molti afflitti, che ne aspettano dai felici il compimento per tutti.
      «Ed ora addio Tecla, - disse Giuliano stringendo tra le sue le mani della giovinetta: - tu starai nella casa di nostra madre, finchè io tornerò. Marta, voi servirete la mia sposa, come serviste mia madre: lei don Marco, se vuol farmi un gran bene, stia con queste due creature, finchè i tempi sieno più quieti.
      «Ma e tu? - chiese don Marco con ansia.
      «Io vado alla casetta, dove mia madre sperò di vivere con me qualche tempo.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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