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      Se gli fosse venuto in mente di andare anch'egli di là a Roma! Non era egli il Generale della repubblica romana? Erano ardenti discorsi.
      Ma, a questo proposito, nascevano in quello e anche in altri gruppi discussioni vive sull'ordine del giorno udito a bordo il mattino. Molti non si sapevano liberare da certo scontento che aveva lasciato loro il motto monarchico; ma la disciplina volontaria era forte. Difatti si staccarono poi dalla spedizione e se ne tornarono di là alle loro case, soltanto sei o sette giovani cari. Seguivano il sardo Brusco Onnis che del motto 'Italia e Vittorio Emanuele' era rimasto quasi offeso. Repubblicano inflessibile, si era imbarcato a Genova sperando forse che Garibaldi, una volta in mare, si ricordasse d'essere anche egli repubblicano; ma deluso, ora se ne andava, e se ne andavano con lui quei pochi, però senza che fosse fatto a loro nessun raffaccio. Rinunciavano per la loro idea ad una delle più grandi soddisfazioni che cuor d'allora potesse avere, e il sacrificio meritava rispetto.
      I Mille
      Ma cosa si stava a perder tempo in Talamone, mentre in Sicilia la rivoluzione pericolava, e si poteva, giungendovi, trovarla spenta? Questo lo sapeva Garibaldi.
      Intanto su quella spiaggia i Mille si vedevano bene tra loro la prima volta, come in una rassegna.
      Ora, chi parla di quei tempi e di quelle cose, dice presto: il 1860, la Sicilia insorta, il gran nome di Garibaldi, quello di alcuni suoi illustri, la partenza da Quarto, la traversata maravigliosa, lo sbarco a Marsala, Calatafimi, Palermo e la liberazione finale; due o tre date e un numero d'uomini, pochi più di Mille, e per la storia in grande è quasi tutto.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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