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      Di queste si sa il viaggio a Cadice, la liberazione avvenuta a bordo nell'Atlantico per opera del figlio di Settembrini, la discesa a Cork in Irlanda e il rifugio in Piemonte. Ora di quei sessantasei, sette erano lì che se n'andavano tra i Mille, come sette vendette. Bisognava esser nati con cuori veramente eroici per mettersi dopo tanto patire a quel passo, o aver lo spasimo di riveder lui il Re crudele; e poiché egli era già morto, incontrarsi almeno con qualche suo rappresentante per afferrarlo al petto e farlo domandar pietà. Questo diciamo noi, forse perché in generale siamo ancora tanto deboli, che ci compiacciamo di pensar da violenti; ma que' sette erano forti e miti. Allora non erano più nel fior degli anni. Achille Argentino ingegnere di Sant'Angelo dei Lombardi ne aveva trentanove; Cesare Braico, medico di Brindisi, trentasette; Domenico Damis, gentiluomo di Lungro, trentasei; Stanislao Lamnesa, legale di Saracena, quarantotto; Raffaele Mauro, gentiluomo di Cosenza, quarantasei; Rocco Morgante, farmacista da Fiumara, cinquantacinque; Raffaele Piccoli di Castagna diacono, quarantotto. E Mauro aveva a casa cinque figliuoli, Lamensa quattro. Non li avevano più veduti dal 1849, anno della loro condanna; ora andavano a ritrovarli per quella via. Parlavano poco, ma se dicevano gli orrori delle galere nelle quali erano stati, a quelli che ascoltavano avveniva di augurarsi che essi vi fossero ancora chiusi, d'aver dieci vite, d'andar a darle tutte per liberare da tante miserie dei cristiani come loro.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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