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      come fu udito dire egli stesso.
      Ripresa la marcia, spuntato il valichetto del colle in cui giaceva quella conca, la colonna si vide davanti una distesa ondulata senz'alberi, senza case, il deserto. - Come la Pampa! - dicevano alcuni che nella loro vita avevano visto l'America. E in quel deserto s'inoltrò la spedizione, sotto un sole, ah che sole! E che peso i panni! Felici coloro che ne avevano appena indosso tanto da non andare scoperti.
      E quella prima marcia fu una gran prova, ma nessuno rimase indietro. Eppure c'erano dei giovanetti che ad ogni passo parevano doversi lasciar cadere in terra sfiniti. Ma lo spirito li reggeva, e continuavano a marciare, aiutati anche dai compagni più esercitati che levavano loro fino il fucile, tanto che ricogliessero un po' di fiato.
      Dove mai si sarebbero fermati?
      Per quanto guardassero a sinistra, a destra e davanti, nulla, mai un ciuffo d'alberi, mai una casa. Cosa era dunque la Sicilia già granaio d'Italia? Degli uomini pratici di campi dicevano che tutta quella miseria dipendeva dal disboscamento, altri che dai latifondi, dal feudalesimo, dai frati. Il fatto era che quel deserto metteva un senso di sgomento nei cuori. Là sarebbe stato bello trasformarsi in un esercito di legionari alla romana con la marra, la vanga, gli aratri di Lombardia! Ma là non c'erano le acque di Lombardia; anzi non ci si trovava neppure da dissetarsi. E alcune voci intonavano il coro del Verdi: 'Fonti eterne, purissimi laghi...'
     
     *


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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