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      Aveva già mandati i Carabinieri genovesi alla posta, là dove il primo incontro degli assalitori doveva naturalmente seguire, certo che contro le loro carabine il nemico si sarebbe sentito cader la baldanza. Antonio Mosto doveva pensare a reggervi quanto fosse possibile a brava gente qual era la sua, e alla fine ritirarsi la via che tutta la Colonna avrebbe pigliata, perché Garibaldi, contro ogni apparenza data da principio alle proprie intenzioni, aveva deliberato un'altra volta la ritirata, quasi la fuga. Infatti, quando i primi colpi dei Carabinieri genovesi annunziarono che la colonna nemica attaccava, egli mise le sue Compagnie in marcia con l'artiglieria già avviata; passò egli stesso avanti a cavallo, disse qualche parola d'incoraggiamento, e un po' di gran passo e un po' di corsa, in una stretta lunga parecchie miglia, la marcia fu gagliardamente condotta.
      Va' e va', anche quella volta le Compagnie furono messe a una dura prova, perché quando trafelate giunsero a veder la Piana de' Greci, e idealmente già vi si riposavano, con quel sentimento che devono avere sin gli uccelli migratori di oltremare all'apparire della terra; ecco le Guide a sbarrar loro la via e additare la salita a un monte. Uno sgomento! Ma lassù era già il Generale, di lassù chiamavano con alte grida ben note i più rotti alle fatiche; bisognava raggiungerli perché il nemico tentava di precederli alla Piana de' Greci varcando quel monte. Chi non era addirittura spossato ubbidiva.
      Veramente il Comandante nemico che aveva ideato quel movimento, si era ingannato sulla possibilità d'eseguirlo, data la mobilità delle compagnie garibaldine.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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