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      E se era n'aveva cagione. In quella notte, poco distante dal bosco, per la via consolare di Corleone, il nemico marciava sicuro di andare dietro di lui rotto e in fuga, e mandava a Palermo la notizia, e la notizia andava a Napoli, e Napoli diceva al mondo un'altra bugia così: "Le regie truppe riportarono una segnalata vittoria. Garibaldi battuto una seconda volta al Parco, perduto un cannone e sconfitto a Piana de' Greci, fuggiva inseguito dalla milizia verso Corleone. Gravi dissensi tra i ribelli."
      Invece quelle milizie non avevano battuto nessuno, non preso cannoni, né inseguivano lui ma la sua artiglieria, di cui in quella manovra aveva saputo disfarsi; e lui si lasciava alle spalle coi suoi, più d'accordo che mai coi ribelli siciliani, e prossimi a far con essi la congiunzione.
      Infatti all'alba, egli salì da quel bosco a Marineo, e vi si trattenne fino alla sera; poi marciò a Missilmeri, dove, come gli annunziava un messaggio del generale La Masa, lo aspettavano quattromila isolani che questi aveva raccolti per lui.
      Certo la posizione in cui Garibaldi s'era posto con quella mossa era pericolosissima. Bastava che una spia ne avvisasse il Comandante della colonna nemica da lui così ben elusa, perché essa tornasse indietro a schiacciarlo sotto Palermo. Tanto era ciò facile, che nella marcia di notte, da Marineo a Missilmeri, in un momento di sosta fu quasi da tutti creduto di averla addosso. E allora? Il senso della lor condizione era in tutti profondo. Ma non fu nulla. Ben presto, ripresa la marcia, apparve non lontano una gran luminaria.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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