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      Garibaldi sapeva bene cosa erano quei prodi; e del resto tutto ciò fu un lampo, perché pigliata subito la corsa avanti, una corsa impetuosa, serrata, gridata; il meglio della Colonna fu di lancio sotto il fuoco dei Cacciatori borbonici, che difendevano il Ponte dell'Ammiraglio. In quella prima luce apparvero il profilo a schiena d'asino e i dieci o dodici pilastri interrati del ponte, brulicanti d'uomini e d'armi nel fumo, visione da sogno, ma incancellabile anche per chi non sapeva che quel ponte normanno aveva ben più di sette secoli sulle sue pietre.
      Così adunque la sorpresa tanto ben preparata era venuta in parte a mancare. Ma quei Cacciatori che avevano dormito intorno al Ponte, con l'animo sicuro che Garibaldi era in fuga lontano; a un assalto così violento, presi alla baionetta, non ressero a lungo, e si ritirarono fuggendo da disperati, tanto che invece d'andar a piantarsi dietro a una loro gran barricata oltre il crocicchio di Porta Termini, come avrebbero dovuto, giunti appena al crocicchio stesso, svoltarono a Sant'Antonino, per sottrarsi a quei dannati Garibaldini che giungevano di notte a quel modo. Questi inseguivano. E infilavano la via del sobborgo sotto il fuoco d'un altro battaglione schierato sulle mura a sinistra; si arrestavano al crocicchio, e subito si mettevano a sbarrarsi la via alle spalle. Di lì minacciava la cavalleria che moveva dalla chiesetta di San Giovanni Decollato. Ma Faustino Tanara da Parma, con un plotone della sua Compagnia, e il sacerdote siciliano Antonio Rotolo, con una grossa squadra di 'Picciotti', tennero quella cavalleria in rispetto.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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