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      I nemici, non da palermitani, ma da qualche birro vagante, dovevano aver saputo che in quel palazzo si era messo Garibaldi, e perciò cercavano di seppellirvelo sotto col suo Stato maggiore! Non vi riuscivano; ma le loro bombe, cadendo nelle vicinanze, facevano delle grandi rovine.
     
     *

      A notte, quel fuoco da Castellamare cessò, e cessò anche quello della fucileria quasi per tutto. Ma la veglia fu viva, incessante. Le finestre delle case cominciarono a illuminarsi, per le vie ci si vedeva quasi come di giorno. Ed era un andirivieni dalle parti della città al Palazzo pretorio e di lì alle parti; sicché pareva che i combattenti si dessero il cambio nei posti che occupavano, solo per andar un po' dal Generale, e rifare nella vista di lui le speranze e le forze. Egli aveva fatto mettere una materassa sulla gradinata della fontana di Piazza Pretoria, rimpetto al gran portone del Palazzo, e là, a pie' di una di quelle alte statue che la adornano, riceveva notizie, dava ordini, riposava, Giovanni Basso da Nizza, suo segretario e compagno sugli oceani, Giovanni Froscianti da Collescipoli antico frate, Pietro Stagnetti da Orvieto, veterani della Repubblica romana, gli facevano guardia: dall'altra parte della piazza, nelle scuderie di palazzo Serradifalco, stavano sellati i cavalli delle Guide. E sul portone di quel palazzo si vedeva Giovanni Damiani, vigile come un'aquila, pronto a qualche partito supremo di Garibaldi, se forse fosse venuta l'ora della disperazione.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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