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      Magnanimo veramente era stato il primo giorno Francesco Crispi che, appena sottoscritto l'armistizio, si era ricordato subito del Mosto e del Rivalta, rimasti in mano dei borbonici, nella ritirata dal Parco. Egli, segretario di Stato del Dittatore, corse a Castellamare per farne lo scambio con due ufficiali superiori nemici, prigionieri. Entrò nel forte superbamente, e chiese dei due Garibaldini. Di Garibaldini prigionieri non v'era che il Rivalta; dell'altro, quei del Castello non sapevano nulla. Il Rivalta sì, sapeva dove era il suo povero amico; ma non lo disse, temendo che il Crispi infuriasse, e tirasse fors'anche su di sé e su di lui la bestialità di alcuno di quei biechi soldati. Diceva il Comandante del Castello che il Mosto era forse dal generale Lanza nel Palazzo Reale. Il Crispi uscì per andarvi, ma tra via il Rivalta, gli narrò che il Mosto esile e stanco, nella ritirata dal Parco era caduto sfinito su per l'erta del monte e che sopraggiunti i Cacciatori era stato trafitto a baionettate. Egli, il Rivalta, aveva visto da pochi passi più in su morir l'amico a quel modo, e sarebbe toccata anche a lui la stessa sorte, se un giovane ufficiale non avesse persuasi i Cacciatori a serbarlo per averne informazioni su Garibaldi. Salvato così, lo avevano mandato al colonnello Bosco e poi a Palermo, dove era stato chiuso in una casamatta del Castello, e tra le minacce e gli insulti ivi tenuto sino a quel momento. Ma dalla mattina del 27, quando si era sentito sopra il capo tremar le volte al tuonar dei mortai, aveva sperato, gli si era allargato il cuore.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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