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      — Qui viene proprio a proposito il proverbio «Amare il prossimo più di noi stessi» ma mi piace, — disse Meg alle sorelle mentre, approfittando del momento in cui la mammina sceglieva nella sua camera dei vecchi abiti per i poveri Kummel, toglieva dalla paniera i preziosi regali e li metteva sulla tavella.
      I regali non erano né costosi né molto belli; ma erano stati comperati con cura ed amore ed il vaso pieno di rose rosse, di crisantemi e di edera, dava un aspetto veramente elegante alla tavola.
      — Eccola, eccola! Suona Beth, apri la porta, Amy, viva la mamma! Viva la mamma! — gridò Jo, correndo e saltando per la stanza mentre Meg, riempiendo con grandissima dignità il suo ufficio di scortatrice, conduceva la mamma al posto d’onore, Beth suonava la sua marcia più allegra ed Amy spalancava la porta. La signora March rimase un momento meravigliata e commossa, poi sorrise, con gli occhi pieni di lagrime, mentre osservava i regali e leggeva gli auguri che li accompagnavano. Le pantofole entrarono subito in funzione; uno dei fazzoletti, ben profumato di acqua di Colonia, fu messo nella tasca del vestito; la rosa fu appuntata sul petto ed i guanti vennero dichiarati perfetti.
      Passato qualche momento in baci, carezze, risate e spiegazioni fatte con quella semplicità che rende così belle le festicciuole di famiglia, si misero tutte al lavoro ed essendo il giorno inoltrato, dedicarono il resto del tempo ai preparativi per la recita della sera. Troppo giovani ancora per andare spesso al teatro e non avendo bastante danaro per potersi comprare le cose necessarie per una rappresentazione privata, le ragazze dovevano mettere a prova la loro immaginazione, e, la necessità essendo madre dell’invenzione, facevano da loro stesse tutto quello che bisognava.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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