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      L’idea della zia March sotto forma d’un peso piacque tanto a Jo e la fece tanto ridere da scacciarle il malumore, ma non così a Meg: il suo carico, quattro ragazzi da educare, le sembrava più pesante che mai. Era così triste che non ebbe neppure la voglia di mettersi, come al solito, un nastrino al collo e di pettinarsi nel modo che le si addiceva di più.
      Tutti erano di cattivo umore quella mattina e brontolavano: Beth aveva mal di testa e cercava consolazione nella compagnia della gatta e dei suoi tre gattini; Amy strillava perché non sapeva la lezione e non poteva trovare le galoscie; Jo si ostinava a fischiare ed a far chiasso nei suoi preparativi per uscire, la signora March era tutt’intenta a finire una lettera che doveva essere impostata subito ed Anna era arrabbiata perché l’andare a letto tardi non era nelle sue abitudini e la rendeva nervosa.
      — Io credo che in tutto il mondo non ci sia una famiglia più brontolona di questa — gridò Jo, perdendo la pazienza, dopo di aver versato un calamaio, rotte due stringhe alle scarpe ed essersi seduta sul cappello, rendendolo una vera schiacciata.
      — E tu sei la persona più brontolona di tutte — rispose Amy, scancellando con le lacrime una lunga operazione che aveva sbagliata ancora una volta.
      — Beth, se non levi questi gattacci d’intorno te li scaravento fuor della finestra — esclamò Meg impazientita, cercando invano dal togliersi di dosso uno dei gattini che le si era arrampicato su per la schiena e che si rifiutava di muoversi.
      Jo rise, Meg continuò a gridare, Beth a raccomandarsi ed Amy a piagnucolare perché non poteva ricordarsi quanto faceva 9 per 12.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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