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      — La vecchia, per un pezzo, non volle più parlare con loro, ma per caso incontrò un giorno Jo da una sua amica: qualcosa nella sua faccia comica e nelle sue maniere franche e leali la colpì e propose di prendersela come dama di compagnia. Questo non andava affatto a genio a Jo, la quale, non avendo però altro lavoro, accettò e, con gran meraviglia di tutti, riuscì ad andar d’accordo coll’irascibile zia. Ogni tanto scoppiava qualche gran tempesta ed anzi, una volta, Jo se ne tornò a casa dichiarando di non poter sopportare quella vita; ma le collere della zia March erano di poca durata e capitava ben presto a Jo un messaggio così urgente e premuroso che Jo non poteva rifiutare poiché in cuor suo voleva bene alla vecchietta impaziente.
      È da credere però che la vera attrazione di quella casa fosse una grande libreria, rimasta in preda alla polvere ed ai ragni fin dal tempo in cui lo zio March era morto. Le statue che la guardavano dalle loro nicchie, le comode poltrone, e più di tutto la ricca messe di libri sparsi qua e là, ove poteva spigolare a suo agio, facevano sì che quella stanza vecchia e polverosa fosse per lei un vero paradiso terrestre. Appena la zia March aveva gente o schiacciava un sonnellino, Jo correva nel suo Paradiso e, rannicchiata in una grande poltrona, divorava tutto ciò che le capitava fra le mani: poesia, romanzi, storia, viaggi, tutto insomma. Ma, come ogni felicità, questo non poteva durare a lungo perché, arrivata generalmente al punto più interessante del romanzo, al più bel verso della canzone e alla più perigliosa avventura del viaggiatore, udiva una voce stridula e nasale che chiamava: — Giuseppina, Giuseppina!


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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