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      Ma nessuno ci pensava e nessuno vedeva le lagrime che cadevano sui vecchi tasti ingialliti e che Beth asciugava di tanto in tanto. Ella cantava allegramente quando faceva le sue piccole faccende ed era sempre pronta a suonare per la mammina e per le ragazze, ed ogni giorno diceva a sé stessa: — So benissimo che se sarò buona, avrò un giorno ciò che desidero.
      Vi sono molte Beth nel mondo, timide e tranquille, che restano nascoste nel loro cantuccino, finché non suona l’ora del bisogno; che vivono esclusivamente per gli altri, dimenticando sé stesse e lo fanno in modo così dolce e così quieto, che nessuno si accorge dei loro sacrifici, se non quando il povero uccellino smette di cantare, e la dolce, salutare presenza svanisce, lasciando dietro di sé la desolazione ed il silenzio.
      Se alcuno avesse domandato ad Amy quale fosse il più gran tormento della sua vita, avrebbe certamente risposto — Il mio naso. — Quand’era bambina, Jo l’aveva fatta cadere accidentalmente in un braciere, per fortuna spento, ed Amy insisteva nel dire che quella caduta le aveva per sempre rovinato il naso. Non era lungo e rosso come quello della povera Petrea, ma era un po’ schiacciato e, nonostante i continui pizzicotti a cui veniva assoggettato, non riusciva ad avere una punta aristocratica. Nessuno ne faceva caso, ma Amy sentiva molto la mancanza di un naso greco e ne disegnava degli intieri volumi per consolarsi.
      «La piccola Raffaello» come la chiamavano le sorelle, aveva molta disposizione per la pittura e la sua più grande felicità consisteva nel copiare fiori, disegnare fate, o illustrare racconti, tutto ciò con curiosi criteri d’arte.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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