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      I suoi maestri si lagnavano di lei perché, invece di fare le sue operazioni, riempiva la lavagna di animali: le pagine bianche del suo atlante erano tutte ricoperte di carte geografiche e caricature ridicole scappavano fuori dai suoi libri ed apparivano sempre nei momenti più inopportuni. Faceva le sue lezioni alla meglio e generalmente scapolava le punizioni pel suo ottimo contegno alla scuola. Era una delle favorite tra le compagne, perché di carattere facile e possedeva, senza fare alcuno sforzo, l’arte di piacere. La sua grazia e le sue manierine gentili erano molto ammirate, come lo era pure la sua variata istruzione, giacché, oltre al disegno, sapeva suonare dodici melodie diverse, lavorava all’uncinetto e leggeva il francese senza sbagliare più di due terzi delle parole. Ella aveva un modo melanconico e commovente di dire:
      — Quando papà era ricco, potevamo fare questo o quest’altro — ed i suoi lunghi e scelti vocaboli erano considerati dalle compagne della più grande eleganza.
      Amy era un poco guastata, perché tutti l’accarezzavano e la lodavano e le sue piccole vanità ed il suo egoismo crescevano rapidamente. Una cosa, però, le dava moltissima noia: ella doveva portare i vestiti smessi di una sua cugina. Fra le altre cose, la mamma di Florence non aveva buon gusto ed Amy soffriva assai di dover portare un cappellino rosso invece di uno bleu, dei vestitini che non le piacevano affatto e dei grembiuli troppo brutti per lei. Ogni cosa era in buono stato, ben fatto e di stoffa buona; ma l’occhio artistico di Amy era qualche volta molto afflitto, specialmente quest’inverno, in cui il suo vestito di scuola era di un rosso slavato con strisce gialle e senza alcuna guarnizione.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





Florence Amy Amy