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      Soltanto il giardino separava la casa dei March da quella dei Laurence: tutte e due erano situate nei sobborghi della città in mezzo a prati, a giardini ed a strade molto quiete e tranquille. Una folta siepe era il solo confine tra le due proprietà; ma da una parte si vedeva una vecchia casetta grigia, spogliata ora dei rami di vite e dai fiori che la coprivano di estate; dall’altra s’innalzava un grandioso edificio in pietra, che denotava, in tutti i suoi dettagli, il lusso e l’agiatezza dei proprietari, dalla bella scuderia ai ben tenuti giardini, dalle serre riscaldate ai bei mobili che si scorgevano attraverso alle ricche cortine. Eppure il casamento pareva solitario e senza vita: nessun bambino scorrazzava sui bei prati, alle finestre non si affacciava mai un volto sorridente di mamma e poche persone entravano od uscivano, ad eccezione del vecchio e del nipote. Questa casa era, secondo la vivace fantasia di Jo, una specie di palazzo incantato, pieno di splendore e di ricchezze, di cui nessuno godeva ed essa moriva, da molto tempo, dalla voglia di vedere questo paradiso terrestre e far conoscenza col ragazzo, che sembrava tanto simpatico e gentile. Dal giorno del ballo, poi, questo desiderio era andato sempre crescendo ed ella aveva escogitato mille modi per far amicizia; ma ultimamente non aveva più veduto il ragazzo e Jo incominciava a credere che fosse partito, quando un giorno, ella spiò una testa bruna che faceva capolino tra le tende e che guardava con occhio quasi invidioso il giardino ove Amy e Beth si tiravano grosse palle di neve.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





March Laurence Amy Beth