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      Federico era quasi allo stesso punto e giuocava prima di lei: egli fece il suo tiro, la palla urtò contro il cerchio e si fermò un centimetro troppo indietro; nessuno era vicino, e, cogliendo la buona occasione, Federico dette col piede una piccola spinta alla palla in modo da mandarla un centimetro più avanti e farle passare il cerchio.
      — Sono passato! Ora, signorina Jo, l’accomodo io, e vincerò la partita, — disse il signorino, preparandosi a tirare un altro colpo.
      — Nossignore! Lei ha spinto la palla, l’ho visto io! Sta a me ora! — disse Jo con forza.
      — Sul mio onore non l’ho mossa; può essere ruzzolata un tantino; ma è permesso: si tiri da parte, mi faccia il piacere, e mi lasci giuocare.
      — In America non è uso di ingannare, ma mi accorgo che lei, da questo lato, non è americano! — disse Jo furiosa.
      — Tutti sanno che gli Americani sono molto più furbi ed ingannatori! A lei! — rispose Federico crochettando la palla di Jo e mandandola a ruzzolare il più lontano possibile.
      Jo mosse le labbra per rispondere un’insolenza, ma si ritenne in tempo, arrossì fino alla radice dei capelli e stette lì un minuto, battendo uno dei cerchi con tutta la forza del suo martello, mentre Federico toccava il bastone di fondo e dichiarava con grande contentezza di aver vinto. Jo andò in cerca della sua palla, stette un bel pezzo tra le piante a cercarla, ma quando ritornò era quieta e tranquilla ed attese con pazienza il suo turno. Dovete fare parecchi tiri prima di riconquistare il posto perduto e quando vi arrivò, gli avversari avevano quasi vinto perché non rimaneva in giuoco che la palla di Caterina, che era la penultima ed era proprio vicina al bastone.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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