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      CAPITOLO TREDICESIMO
     
     
      Un telegramma.
     
     
     
     
      — Il mese di novembre è il più antipatico che ci sia in tutto l’anno — disse Meg uno scuro dopopranzo, guardando dalla finestra il povero giardino spoglio di tutti i suoi fiori.
      — È per questo che io sono nata in quel mese — osservò Jo, completamente inconscia della macchia d’inchiostro che aveva sulla punta del naso.
      — Se accadesse qualcosa di piacevole adesso, direste che è il più bel mese dell’anno — aggiunse Beth, che si contentava sempre di tutto, anche del novembre.
      — Lo credo io! Ma non è mai caso che accada qualcosa di piacevole in questa famiglia — disse Meg, che era di malumore — Si sgobba, e non si ha mai un po’ di ricompensa!
      — Santo Dio! Come siamo neri oggi — gridò Jo — però, non c’è da meravigliarsene, povera piccina, perché tu vedi tutte le tue amiche, che se la pigliano tanto comoda, mentre che tu lavori come un ciuco tutto l’anno! Se potessi fare con te come faccio con le eroine dei miei romanzi!
      — Adesso non accadono più queste fortune: gli uomini debbono lavorare per vivere, e le donne sposare per interesse! Che mondo! Che mondo! — aggiunse Meg amaramente.
      In questo mentre Beth, che era seduta vicino all’altra finestra, disse sorridendo: «Due cose piacevoli stanno per accadere in questo minuto: mammina viene verso casa e Laurie traversa il giardino correndo, come se avesse qualcosa di bello da dire.
      Entrarono tutti e due nel medesimo tempo, la signora March colla sua solita domanda: — Ci sono lettere da papà, ragazze? — e Laurie per dire con voce melliflua: — Volete venire a fare una corsa in carrozza?


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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