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      Amy, di’ad Anna di portare giù il mio baule nero e tu Meg, vieni ad aiutarmi a prendere la mia roba, perché sono mezza sbalordita.
      Povera signora March! Poteva ben essere sbalordita; doveva contemporaneamente scrivere, pensare e dirigere tutto! Meg la pregò di stare quieta in camera sua per un po’ di tempo, mentre esse avrebbero lavorato per lei. Tutte si separarono, andando qua e là come foglie sparse al vento; la famigliuola, poco tempo prima così felice ed unita, era stata turbata da quel foglio di carta, come da uno spirito maligno.
      Il signor Laurence venne di corsa portando con sé tutto quello che credeva potesse essere di conforto per l’infermo e promettendo protezione alle ragazze durante il tempo in cui la madre sarebbe stata assente; cosa questa che le confortò assai. Non vi fu nulla che egli non offrisse: dalla sua veste da camera a sé stesso come scorta Ma questa ultima proposta non venne accettata. La signora March non ne volle neppure sentire parlare, ma pure sul suo volto vi era un espressione di sollievo, quando egli fece la proposta, espressione che non sfuggì al signor Laurence. Egli vide quello sguardo, aggrottò le folte sopracciglia, si strofinò le mani ed uscì ad un tratto, dicendo che sarebbe tornato subito. Nessuno ebbe più il tempo di pensare a lui, fino al momento in cui Meg passando in fretta dall’entratura, tenendo in mano un paio di pantofole e nell’altra una tazza di thè, si trovò faccia a faccia col signor Brooke.
      — Sono stato molto dispiacente di apprendere questa cattiva notizia, signorina March, — disse egli con quella voce dolce e seria, che fu come un balsamo per il cuore di Meg.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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