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      Ma, mia cara, non ce n’era bisogno e temo che una volta o l’altra ti possa dispiacere,— disse la signora March.
      — No, mai — rispose Jo con forza, contenta almeno di essersela cavata senza rimproveri.
      — Perché l’hai fatto? — domandò Amy, che si sarebbe fatta tagliare la testa piuttosto che i suoi bei ricci.
      — Volevo per forza contribuire anch’io — rispose Jo, mentre tutti si riunivamo attorno alla tavola, poiché la gioventù sana e robusta, anche se afflitta da un gran dolore, può sempre mangiare con appetito. — Prendere a prestito mi piace quanto piace alla mamma, e sapevo benissimo che la zia March avrebbe brontolato: già brontola sempre se le si tocca il suo tesoro! Meg aveva dato tutto il suo salario ed io invece l’avevo speso per comprarmi dei vestiti; perciò mi sentivo in debito e volevo trovare del denaro a costo di vendere la punta del mio naso.
      — Non dovevi sentirti in debito, Jo: non avevi abiti da inverno e tu hai comprato con i tuoi risparmi i più semplici e i più a buon mercato, — disse la signora March, con uno sguardo che fece bene a Jo.
      — Da principio non mi era neppure passata per la mente l’idea di vendere i miei capelli, ma mentre che mi stavo scervellando per trovare qualche mezzo, incominciando a capire come è che i poveri, nei momenti di grande necessità, finiscono col rubare, vidi nella bottega di un barbiere alcune parrucche, coi prezzi attaccati. Una treccia, più lunga, ma meno folta della mia, era segnata quaranta dollari. Per la mia mente balenò allora, come un lampo, l’idea che anche io avevo qualche cosa dai vendere e, senza pensare a ciò che facevo, entrai e domandai se comperavano dei capelli e quanto avrebbero dato per i miei.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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