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      Buona notte, bambine mie — disse la signora March, quando fu finito il canto, non osando per quella sera tentarne un altro.
      Esse la baciarono teneramente ed andarono a letto in silenzio come se il caro ammalato fosse stato nella camera accanto. Beth ed Amy si addormentarono presto, nonostante il loro dolore, ma Meg se ne restò a lungo sveglia nel letto pensando a cose serie, le più serie a cui avesse mai pensato nella sua breve vita. Jo stava immobile, tanto che sua sorella credeva che dormisse, quando ad un tratto un singhiozzo soffocato la fece esclamare, mentre toccava una guancia bagnata di lacrime:
      — Jo cara, che cos’hai? È per papà che piangi?
      — No, non adesso!
      — Perché allora?
      — I miei.... i miei capelli! — singhiozzò la povera Jo, mentre cercava di soffocare i suoi singhiozzi nel guanciale. La cosa poteva parere alquanto ridicola ad altri, ma non a Meg, che baciò e consolò l’afflitta eroina colle più tenere parole.
      — Non mi dispiace — protestò Jo fra i singhiozzi — Lo rifarei domani se ve ne fosse bisogno. Non è che la parte egoista e vana di me stessa che piange così stupidamente. Non lo dire a nessuno; adesso è passato. Credevo che dormissi ed ho creduto di fare un piccolo piantino sulla mia unica bellezza perduta. Com’è che sei sveglia?
      — Non posso dormire. Sono così inquieta! — disse Meg.
      — Pensa a qualcosa di piacevole e vedrai che t’addormenterai subito.
      — Ho provato, ma sto più sveglia che mai! — A che cosa stavi pensando?
      — A delle belle facce e particolarmente a degli occhi — rispose Meg sorridendo a sé stessa nell’oscurità.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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