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      — Com’è buona la mia Beth! — disse Jo agitando, con uno sguardo di riconoscenza, il cappello. — Addio Meggy, spero che i King non ti daranno troppa noia. Non stare in pena per papà, cara — aggiunse mentre si separavano.
      — E spero che la zia March non brontolerà! I tuoi capelli ti danno un’aria da ragazzo che ti si addice perfettamente — rispose Meg cercando di non sorridere nel vedere la testa ricciuta che sembrava molto sproporzionata e comica su quella lunga e maschia figura della sorella.
      — Quello è il mio unico conforto — e, toccandosi il cappello «alla Laurie», Jo se ne andò per la sua strada, come una pecora tosata in un freddo giorno d’inverno.
      Le notizie del loro padre le consolarono presto poiché, quantunque ammalato seriamente, pure la presenza della persona che egli amava tanto gli aveva già portato giovamento. Il signor Brooke mandava ogni giorno un bollettino e, come capo di famiglia, Meg insisteva nel voler leggere le notizie che si facevano di giorno in giorno migliori. Da principio tutte erano impazienti di scrivere e grosse buste erano accuratamente gettate nella cassetta delle lettere dall’una o dall’altra delle sorelle che si davano una certa importanza, ora che avevano corrispondenza con Washington.
      Per una settimana quindi fu veramente meraviglioso il vedere i sacrifici, il lavoro, la bontà angelica delle ragazze. Ma passati i primi momenti di grave inquietudine, esse cominciarono a dimenticare poco per volta le loro buone risoluzioni, ricadendo nelle loro antiche abitudini.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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