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      Doveva ogni mattina lavare le tazze, pulire i vecchi cucchiai, la teiera d’argento ed i bicchieri e lustrarli finché non luccicavano; doveva poi spolverare le stanze, dar da mangiare a Polly, pettinare il cane ed andar su e giù per le scale almeno una dozzina di volte per dar ordini e contrordini e fare le commissioni per la vecchia che, molto zoppa, di rado si alzava dal suo seggiolone. Dopo tutto questo, la povera Amy doveva far le lezioni, dopodiché aveva finalmente un’ora di ricreazione, che certamente non si lasciava sfuggire. Laurie veniva tutti i giorni e riusciva a forza di moine a carpire alla vecchia il permesso di condurre Amy a passeggio con lui ed allora erano scarrozzate o passeggiate e divertimenti senza fine. Ma purtroppo veniva presto il tempo di tornare a casa e nel dopopranzo essa doveva leggere ad alta voce per la vecchia e poi star ferma e tranquilla mentre ella dormiva, rammendare i tovaglioli e gli asciugamani fino al beato momento in cui, venuta la sera, aveva finalmente il permesso di divertirsi a modo suo. Le serate però, lunghe, interminabili, in cui la zia March cominciava a raccontare noiosissime storie e ricordi della sua gioventù, erano le ore peggiori della giornata, tanto lunghe e noiose che Amy non vedeva l’ora di andare a letto per piangere, come diceva lei, sulla sua dura sorte, mia il pianto poi si riduceva tutto al più a due o tre lacrime poiché, appena messa la testa sul guanciale, si addormentava subito.
      Se non fosse stato per Laurie e per la vecchia cameriera, Ester, Amy sentiva che non avrebbe potuto sopportare quella vita.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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