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      Il pappagallo bastava già da solo a farla uscire dalla grazia di Dio, perché quell’animalaccio aveva subito capito che la bambina non lo poteva soffrire e, secondo la sua natura, faceva di tutta per vendicarsi. Le tirava i capelli ogni volta che essa gli si trovava vicino, rovesciava apposta il pane e latte quando la gabbia era stata pulita d’allora, beccava Mop per farlo abbaiare quando la vecchia dormiva, le diceva ogni sorta di improperi quando vi era gente, si comportava insomma in tutto e per tutto come una vecchia bestiaccia maleducata. Per colmo di sventura Amy non poteva soffrire il cane, una bestia grassa e brontolona, che ringhiava e guaiva quando lo si pettinava e puliva, che si sdraiava sulla schiena colle quattro zampe in aria ed un’espressione di beato idiotismo sul muso quando voleva mangiare e questo circa una dozzina di volte al giorno. La cuoca era sempre di cattivo umore, il vecchio cocchiere era sordo, ed Ester era l’unica persona che avesse un po’ di pietà per la povera signorina. Ester era una vecchia francese, che aveva vissuto con «Madame» (così chiamava la sua padrona) molti anni e che, sapendo bene che «Madame» non poteva vivere senza di lei, le faceva far tutto ciò che voleva. Aveva preso una grande simpatia per «Mademoiselle» e le permetteva anche di andare girando per la casa e le mostrava tutte le vecchie reliquie, gelosamente custodite nei grandi armadi e nelle antiche casse. La più bella cosa però, secondo Amy, era un vecchio armadino indiano, pieno di cassettini nascosti, di aperture e di ripostigli, dove la zia March teneva rinchiusi una quantità di ornamenti, alcuni oggetti preziosi, alcune reliquie, tutte più o meno antiche, ed il più grande divertimento di Amy era di mettere in ordine tutti questi gingilli, specialmente quella cassetta ove, su cuscinetti di velluto, riposavano tutte le gioie che avevano adornato una bellezza di quarant’anni fa.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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