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      — Cercherò di non esser vana, mamma — disse Amy — non è perché son belli che desidererei portarli, ma è per ricordarmi qualcosa.
      — Vuoi ricordarti della zia March? — domandò sua madre ridendo.
      — No, è per ricordarmi di non essere egoista.
      Amy aveva un’espressione così seria e pensierosa che sua madre smise di ridere e si preparò ad ascoltare con rispetto i progetti della bambina.
      — Ho riflettuto molte volte seriamente sui miei difetti e sono venuta alla conclusione che il più grosso di tutti è l’egoismo; perciò voglio cercar di correggermi, se è possibile. Beth non è affatto egoista e quella è la ragione per cui tutti le vogliono bene e sono stati così disperati al solo pensiero di perderla. Voglio dunque cercar di imitare Beth e, siccome spesso spesso dimentico le mie buone risoluzioni, così credo che se avessi qualcosa da ricordarmelo sempre, sarebbe meglio. Posso provare, mamma?
      — Sì, cara, ma ho più fede nel cantuccio della stanza degli impicci che nell’anello. Portalo pure se credi che ti possa aiutare e fa’ del tuo meglio e vedrai che riuscirai nel tuo intento poiché il fermo desiderio d’essere buone è già una vittoria guadagnata. Ma ora devo tornare da Beth. Sii tranquilla, piccina mia, sii buona e vedrai che presto potremo riaverti a casa.
      Quella sera, mentre Meg scriveva a suo padre per dargli l’annunzio del salvo arrivo della viaggiatore, Jo entrò chetamente nella stanza di Beth e trovando sua madre al solito posto, si fermò un momento dinanzi a lei arricciandosi i capelli con un dito con un’espressione fra annoiata ed indecisa.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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